Gli Editoriali di Memories #3 Fare senso, in senso buono
Oggi parliamo di un libro che abbiamo letto su consiglio del nostro Head of Technology. Si chiama “Sense Making – Organizzare il mare dell’informazione e creare valore con le persone” e l’ha scritto Luca Rosati.
Cominciamo parlando di un libro che abbiamo letto su consiglio del nostro Head of Technology: “Sense Making – Organizzare il mare dell’informazione e creare valore con le persone”, di Luca Rosati (I libri della UX University, 2019, 154 pagg.).
Il libro fornisce alcune linee guida per l’organizzazione dell’informazione in ambienti digitali, sfruttando esempi come le interfacce di Netflix, Youtube, applicativi bancari o piattaforme di e-commerce (Zara, Ikea, Mango).
Qui di seguito riporteremo i concetti chiave, almeno quelli che abbiamo capito, e proveremo a mettere in relazione i suggerimenti del libro con il lavoro che facciamo quotidianamente con i nostri clienti.
Un solo criterio per governare tutto
L’unico criterio valido è lo scopo del sistema stesso.
Questo è il concetto fondamentale del libro. Ed è una legge a cui il nostro gruppo si attiene scrupolosamente nel progettare nuove architetture informative. Insomma, nessuna certezza o soluzione preconfezionata. Solo una certa propensione all’improvvisazione che ci porta a proporre classi e gerarchie partendo dagli obiettivi del progetto, dalle esigenze degli utenti, dai destinatari dell’informazione che stiamo organizzando.
Scrive Ranganathan, il progenitore del nostro lavoro:
Dovunque vi è struttura, emerge una successione. Quando la successione è conveniente allo scopo presente, essa è classificazione.
(Prolegomena to library classification)
Tassonomie e poligerarchie
Fermiamoci ancora un po’ a parlare di tassonomie.
Scrive Rosati:
Le tassonomie riflettono una visione del mondo senza ambiguità: ogni cosa ha una collocazione univoca, può stare solo e soltanto in quel posto.
Secondo Rosati, la cura per l’asfissia da tassonomia sono le poligerarchie: strutture elastiche, fluide che consentono di attraversare il corpo informativo da molteplici direzioni e punti di vista. Le poligerarchie soddisfano diversi modelli mentali e diverse modalità di ricerca grazie al fatto che la stessa risorsa può essere trovata all’interno di classi diverse.
Noi di Memories siamo spesso stati accusati di essere dei gabbiani o dei chumbawamba, soltanto perché infestiamo gli archivi digitali con centinaia di faccette di ricerca suddivise in decine di filtri diversi. Ma la verità è che stavamo inconsapevolmente creando delle poligerarchie.
Free listing, tree-testing, co-design, card sorting, berry picking e altri anglicismi ad alto impatto semantico
Siamo arrivati alla parte che abbiamo letto di fretta, non perché non fosse bella, anzi, ma solo perché non andiamo matti per l’eccesso di anglicismi. Un anglicismo, però, lo dobbiamo salvare, ed è il concetto di co-design. È semplice, e vuol dire questo: i sistemi informativi si disegnano ascoltando gli utenti. Noi del gruppo Memories magari non utilizziamo elaborati escamotage semiotici, giochi di ruolo o sofisticati esperimenti mentali, ma prima di concepire un’alberatura di contenuti ci mettiamo in ascolto. Interroghiamo i nostri futuri utenti, parliamo con i produttori dei documenti, conduciamo lunghe interviste per ricreare un contesto intorno ai contenuti.
Salienza e pressione del contesto
Umberto Eco sostiene che ogni classificazione sia soggetta alla pressione del contesto. Di conseguenza, una forma di classificazione troppo rigida finisce per stritolare i contenuti. Passando all’opinione di Rosati, il concetto di scientificità di un sistema di classificazione deve essere sostituito da quello di salienza.
La salienza è l’insieme delle dimensioni-chiave del contesto che sono pertinenti, in un certo spazio e in un certo tempo, per i destinatari di una classificazione.
Relazioni vs Information overload
Per tornare al titolo del libro, quali sono le cause della perdita o della mancanza di senso?
Probabilmente sono il disordine, la frammentazione e la sovrabbondanza di informazione (information overload). Per combattere le ridondanze di queste patologie informative non servono strutture altrettanto sovrabbondanti, ma ne servono di più elastiche, intessute di relazioni e connessioni tra gli oggetti, in uno scenario in cui:
le relazioni tra gli oggetti contano più degli oggetti stessi.
Nel nostro piccolo, lottiamo contro una particolare forma di sovrabbondanza informativa: quella generata dall’accumulo di informazione nel tempo. Anche per noi non esiste strumento più efficace della costruzione di relazioni per assegnare o preservare il senso.
La sfida e la bellezza di organizzare l’informazione sono tutte racchiuse in questo: creare (cor)relazioni. È attraverso le relazioni che conosciamo il mondo ed è ancora attraverso le relazioni che diamo significato alle cose. La correlazione di un’informazione con un’altra informazione genera nuova informazione, cioè conoscenza.
Stefano Trinchero
Chief Data Scientist di Promemoria Group